top of page

Il frate smarrito

C'è un quadro, di Domenico Ventura, dalla storia tortuosa, frastagliata, tagliente, come l'imprevisto.


Un giorno mio padre, nella consueta computa delle opere ("inventario" mi dà troppo di cose) notò che "il frate" s'era dato all'invisibilità: c'era nella lista su carta, ma non nel mondo reale.


Dov'era finito? Per mesi questa infausta corrispondenza gli tenette il cuore.


Dopo convoluti giri del pensiero, si convinse che andò smarrito in una mostra a Terlizzi. Un incrocio di telefonate e di riscontri mancati portò infatti a un vicolo cieco (e non trattavasi del ristorante il "Vicolo" dove fu allestita la personale).


Dopo mesi, mia madre - nella paziente opera di messa a soqquadro della casa - stanò il "frate" nello spazio filiforme tra muro e armadio.


Le latèbre della casa partorivano un ritrovo.


Il maestro, nel ricongiungersi con il figlio smarrito, ebbe dei tremuli luccichii agli occhi. Così leggenda vuole.


Non conosco la genesi dell'opera: forse qualche eco lontana della giovinezza trascorsa ad Assisi, dai frati conventuali. O, forse, l'amore per le rotondità.


O il pendulo richiamo delle scamorze intraviste nella vetrina di un caseificio sulla via della spesa.

Seni / scamorze. Una rima eidetica fondata sul latte. O forse sulla nutrizione.


Al di là del senso, che è un segreto mai pienamente accessibile ai fruitori dell'arte e della vita, il quadro del frate esemplifica il valore del ritrovamento.


Possediamo, accumuliamo, dimentichiamo.

Perdere per ritrovare è più che ripossedere: è sapere di avere.



Post in evidenza
Post recenti
Archivio
Cerca per tag
Seguici
  • Facebook Basic Square
  • Twitter Basic Square
  • Google+ Basic Square
bottom of page